La storia di Sabart: intervista al fondatore Ariello Bartoli
La lunga storia di Sabart parte dall’idea e dall’impegno di 2 grandi uomini: i fondatori Ariello Bartoli e Nello Salsapariglia.
Dopo la recente scomparsa di Salsapariglia, ci siamo affidati ai ricordi e alle parole di Bartoli per ripercorrere, in una bellissima intervista, le origini e le evoluzioni della nostra azienda.
Sabart nasce come produttore di motoseghe nel 1963, com’è nato tutto e cosa ci può dire di questi primi anni?
La storia è stata raccontata anche da Salsapariglia, col quale avevamo iniziato già in altre occasioni. Qualche conoscente, che lavorava già nel settore delle macchine agricole, vendeva anche delle motoseghe, e anche alla fiera di Bolzano una volta è successo che abbiamo incontrato un nostro conoscente che faceva questo mestiere. Da noi (in Emilia Romagna, Ndr.) non sapevamo neanche come fossero le motoseghe perché non c’erano le piante, non c’erano gli alberi, però, discutendone e parlandone, si cercava sempre qualcosa da fare che almeno non facessero gli altri, e abbiamo tentato di fare una motosega con Salsapariglia. Ma Salsapariglia era impegnato nella sua Lesa Trattori e la cosa, quindi, spettava a me: con un motore della Garelli e qualche disegno che mi aveva fatto un disegnatore basandosi sui modelli esistenti, è venuto fuori un primo prototipo. Così è nata questa idea e ha funzionato, qualcuno ha comprato la prima motosega e da quella poi ne sono nate altre.
Poi abbiamo smesso perché risultavano antiquate già allora, non potevamo più continuare così. Più tardi, invece, abbiamo fatto delle cose un po’ più serie.
Lei era dipendente (e cugino) di Salsapariglia proprio alla Lesa: cosa faceva prima della nascita di Sabart?
Io lavoravo alla Lesa, ho fatto tutti i mestieri, come si faceva una volta: il tornitore, il trapanista e il riparatore di motori. Si faceva un po’ di tutto e si imparava a fare un po’ di tutto: dato che non avevo fatto la scuola, la scuola l’ho fatta alla Lesa.
A proposito di Salsapariglia, che è recentemente scomparso: quali ricordi conserva?
La sua voglia di riscattarsi. Visto che la Lesa era andata male, aveva voglia di riscattarsi e di fare qualcosa (lanciando la Sabart, Ndr.). Lui non riusciva a dedicarcisi e ha chiesto a me di dare una mano. Poi lui si è dedicato alle sue passioni: sì, eravamo soci, ma possiamo dire in qualche modo che le prime motoseghe le ho costruite io.
Voi due, così, avete fondato Sabart. Quando è entrato in gioco Guerrino Zambelli?
Noi siamo partiti nel 63’. Conoscevo Guerrino Zambelli, era un ragazzo che vendeva automobili e sapevo che anche lui cercava qualche cosa da fare. Io cercavo qualcuno che andasse in giro a vendere queste motoseghe e gli ho chiesto se fosse disposto. Così, tra il ’65 e il 66’ è entrato anche lui.
Il capannone dove nacque tutto era di suo padre: quanto è orgoglioso che il suo nome sia così radicato nel marchio Sabart?
Mio padre all’inizio era contrario perché pensava che non ci fossero clienti nella nostra zona disposti a comprare una motosega. Si era interessato e aveva scoperto che a Novellara c’era già un produttore di motoseghe e anche a Massenzatico, quindi diceva che già con due concorrenti nella stessa provincia nessuno avrebbe comprato le nostre motoseghe.
Poi, più tardi, è stata anche per lui una sorpresa e avrebbe voluto partecipare anche lui, anche se faceva un altro mestiere.
L’intuizione che ha portato al cambio di marcia di Sabart è stata quella di passare dalle motoseghe alla fabbricazione e commercializzazione di ricambi e accessori: come è avvenuto questo processo?
Questo cambiamento è avvenuto perché, nonostante avessimo venduto qualche centinaio delle motoseghe che avevamo iniziato a fare, già si vedeva che c’era bisogno di compiere un salto di qualità e produrre delle cose più professionali.
Noi, però, non potevamo farle perché non avevamo i mezzi e quindi iniziammo, insieme alle motoseghe, a fare anche e soprattutto ricambi e un po’ di accessori.
Poi, con l’entrata di Oregon, le cose cambiarono, abbiamo smesso di fare motoseghe ed è partito il settore ricambi e accessori.
Lei, però, non ha mai abbandonato il sogno di costruire motoseghe, e ha poi fondato la Oleo-Mac, quella che oggi è divenuta Emak, una delle aziende più importanti al mondo nel settore: cosa può dirci in merito?
Beh, è stata la nostra grande vittoria perché con la Sabart abbiamo guadagnato i primi soldi, grazie al mio lavoro, a quello di Zambelli e di qualche altro collaboratore. Però, come dicevo prima, con i prodotti dell’inizio non c’era possibilità: 10 anni dopo l’inizio della Sabart, nel 1973, abbiamo pensato – e avevamo anche i mezzi, perché con la Oregon avevamo già iniziato a guadagnare qualcosa – di poter investire nella produzione di motoseghe più professionali.
Tornando a Sabart, da oltre 50 anni è diventata un punto di riferimento per marchi importantissimi, come Oregon. Quali sono, per lei, i più grandi successi di Sabart?
Guerrino Zambelli, dopo che io ho lasciato Sabart nel ‘72/’73, ha gestito molto bene questa azienda e l’ha portata a diventare una grande azienda nel settore. Poi, ovviamente, sono arrivati anche i nuovi manager e i nuovi collaboratori che hanno dato un’ulteriore spinta, però diciamo che chi ha gestito per molti anni l’azienda è Zambelli, quindi, se siamo qui è grazie a lui.
Poi abbiamo anche pensato di fare altri mestieri, quindi abbiamo allargato il gruppo ad altre attività come Comet, Tecomec e altre aziende in Italia e all’estero, passando da motoseghe, accessori e ricambi a pompe e tante altre cose.
Dall’alto della sua lunga esperienza, può dirci qual è il segreto del longevo successo di Sabart?
Beh, questo è molto facile: era l’azienda più quotata già qualche anno fa e in Italia è sempre stata leader nel settore, poi negli ultimi anni è stata data un’ulteriore spinta. Diciamo che ci sono concorrenti ma noi siamo i leader di questo mestiere.
Per concludere, cosa si aspetta per Sabart nel futuro?
Sabart in Italia sta facendo molto bene e lo si vede dai risultati. Però abbiamo pensato anche di andare verso l’estero e abbiamo già iniziato con la Spagna, probabilmente toccheremo qualche altro mercato in Europa e questo è l’obiettivo: far diventare la Sabart un’azienda internazionale di prim’ordine.
Sono sicuro di questo perché, come dicono i risultati, oltre che conosciutissimi, siamo molto apprezzati anche sui mercati internazionali.